L'idea che la moto che si possiede sia diversa da tutte le altre è un qualcosa di comune, tra i biker, che cercano spesso di personalizzare il proprio mezzo, chi con dettagli minimi, chi in maniera appariscente. In futuro però, questa differenziazione potrebbe esserci anche nel rapporto con la moto stessa e nel suo comportamento, al di là degli eventuali setting di sospensioni ed altro, possibile già oggi.
La nuova frontiera si chiama intelligenza artificiale, un termine che indica la capacità, di una macchina, di passare il noto test di Turing e poter così sessere definita "in grado di pensare". Kawasaki, tra i costruttori di moto, è una delle aziende che per prima si è spinta in questa direzione.
La casa di Akashi infatti, qualche mese fa aveva presentato Rideology, una filosofia che punta a mettere il motociclista al centro dell'esperienza di guida, obiettivo da raggiungere attraverso strumenti elettronici che potremmo assimilare al concetto di macchine esperte (in grado cioè di imparare progressivamente sulla base del proprio comportamento) applicate al mondo delle due ruote.
Il secondo step del cammino di Kawasaki verso il suo obiettivo è sintetizzato in un video (lo trovate al fondo di questo articolo), dove il biker interagisce vocalmente con la moto in maniera colloquiale e non come semplice impartizione di comandi secchi ed univoci, ricevendo quelli che potrebbero essere definiti suggerimenti di guida ed avvertimenti.
Ecco così che, durante il commuting urbano, si può essere avvisati, dal sistema di bordo, che un'auto sta sopraggiugendo da sinistra e che, per la velocità a lla quale viaggia, non avrebbe comunque modo di dare precedenza, piuttosto che, guidando fuori città ed in condizioni ottimali di strada, venga suggerita e poi attivata la modalità sport, piuttosto che indicata la presenza di pioggia in cima ad un passo alpino verso il quale ci si sta avvicinando.
Quello a cui Kawasaki e certamente anche gli altri costruttori stanno lavorando, è un qualcosa che si viene in realtà a configurare come la tessera di un mosaico che riguarda un sistema decisamente più complesso. Nel video in questione, la macchina suggerisce ad esempio al pilota di rallentare la velocità di 5 km/h per trovare il prossimo semaforo verde.
La condizione necessaria affinchè si concretizzi l'esperienza di Rideology in questi termini è la diffusione di ciò che viene oggi comunemente chiamato Internet of the thing, che prevede la connessione alla Rete di una miriade di oggetti comuni, ivi comprese le segnalazioni stradali, piuttosto che le stazioni di rilevamento del meteo e molto altro facente parte del quotidiano.
Questo è uno scenario da futuro a medio termine, nel senso che non è applicabile da qui a qualche mese ma, certamente entro qualche anno, con la mobilità che passerà inevitabilmente per soluzioni di questo tipo, in grado di minimizzare il rischio di errore umano attraverso ausili tecnologici.
Tutto questo per quanto possa essere possibile su un mezzo che resta guidato dall'uomo, con il duplice obiettivo della sicurezza e del divertimento in sella, ma non solo, vista ad esempio la possibilità di interfacciarsi, da parte del sistema di bordo, con i servizi cloud e/o lo smartphone per trasferire foto e video del tragitto percorso (con le inevitabili implicazioni in materia di privacy che certamente più d'uno invocherà).
Certo, ci saranno i soliti duri e puri, quelli che già appoggiano il pensiero che ABS e controlli elettronici non servano a nulla, nemmeno sulle supersportive da 200 cavalli, ma questi soggetti saranno anche tra quelli che continueranno ad acquistare le ultime novità, perché il progresso non si può arrestare. Per fortuna! 😉
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