Raggiungere Dakar partendo dall’Italia, questo è lo spirito dell’avventura chiamata “Rolling To Dakar”. Nell’immaginario è il sogno di ogni motociclista, che rievoca lo spirito originale della famosa Parigi-Dakar, un’avventura che Mirco Bettini, col suo Azzurrorosa Team, ha costruito scrupolosamente negli anni tra mille difficoltà.
Mi chiamo Riccardo Fanni, alias Ricky The Road, e questo è il mio viaggio da Milano a Dakar, col mio fidato KTM 1190 Adventure. Un motociclista semplice, proprio come voi, che affronta un viaggio indimenticabile e dai sapori unici.
Tutto parte da una serata di fine estate, quando ricevo una telefonata da Mirco, l’organizzatore, che mi informa di questo suo viaggio per le feste natalizie. Mi descrive l’obiettivo di arrivare a Dakar in moto, insieme ad altri motociclisti attraversando Marocco, Mauritania e Senegal, per poi spedire le moto in container per il rientro. Si occuperà lui di tutta l’organizzazione e la burocrazia, a noi solo il compito di guidare ed esplorare luoghi e culture nuove, osservando il mondo che cambia, in sella alle nostre 2 ruote.
La partenza è fissata per il 23 dicembre, in nave da Genova a Tangeri, per poi sbarcare e scendere lungo la costa africana tra Marocco, Mauritania e Senegal, affrontando frontiere, deserto e savana. Al termine del viaggio, prima di ripartire, faremo una tappa speciale, porteremo aiuti umanitari alla scuola di Foua, una piccola e fragile costruzione in mezzo a case di paglia e fango nel sud del Senegal, finanziata dalla fondazione dedicata al pilota motociclistico Fabrizio Meoni, venuto a mancare durante la Parigi-Dakar del 2005.
Un viaggio dal sapore umanitario, un’avventura tra asfalto, piste e tanta sabbia, in spirito puramente cameratesco, tra sconosciuti che diventeranno stretti amici, attraverso non poche difficoltà e colpi di scena, che renderanno il viaggio indimenticabile, unico e spettacolare.
Il viaggio inizia con la nave che parte in ritardo, il maltempo, ha reso il mare Mosso, secondo la scala Douglas. In banchina fa freddo, tira vento e siamo all’aperto ad aspettare la partenza, prevista per le ore 23.00. Faccio conoscenza con Fabrizio e Alessandro, gli altri 2 avventurieri che festeggeranno con noi il Natale in dogana a Tangeri. Una cena a salumi, formaggio e birra ci ristora il corpo in modo frugale, mentre l’animo è carico, con mille aspettative e curiosità sui posti che attraverseremo.
Passata Barcellona, ecco il sole che prende il sopravvento nel cielo e sembra sia tornata d’un colpo l’estate. Arriviamo in tarda serata in Marocco, dove le operazioni doganali sono veloci ed efficienti. Assicurazione RC, cambio Euro/Dirham e siamo pronti per una nottata in riva all’oceano, dove il rumore del mare fa da sottofondo alla prima notte di viaggio.
La prima giornata è un trasferimento da Tangeri a Casablanca, che decidiamo di fare il più velocemente possibile tramite autostrada, economica e quasi deserta, in attesa degli altri partecipanti aviotrasportati. Loro ritireranno le proprie moto, carrellate da Azzurrorosa, per poi unirsi al gruppo. Sono Roberto, Riccardo, Alessandro, a cui si aggiunge la mascotte Claudio, che condurrà la sua Vespa 200 dell’82 dalla Mauritania a Dakar.
Lungo il tragitto, durante la pausa pranzo, il primo fuori programma, lo spurgo del freno posteriore della moto di Alessandro, effettuato in modo un po’ rocambolesco in mezzo ai gattini affamati di un distributore di benzina, e chiedendo un tubicino ai benzinai, che ci offriranno un tubo da giardinaggio…
All’aeroporto di Casablanca, ne approfitto per comprare una sim dati telefonica marocchina, in modo da restare in contatto col Team e postare sui social. Con 10 Euro ottengo 10 Giga e molti minuti di conversazione. Per le future sim telefoniche in Mauritania e Senegal, scoprirò più avanti che in frontiera ci sono strani personaggi che le vendono per pochi spicci, perfettamente funzionanti al primo acquisto.
Casablanca – Essaouira
Partiamo tutti insieme la mattina presto, direzione El Jadida, da cui inizierà il viaggio vero e proprio lungo la costa atlantica, dove la guida scorre veloce e rilassante con l’oceano sempre sulla destra. La temperatura è incredibilmente piacevole, ci sono circa 20 gradi ed il sole è alto. Questa piacevole condizione atmosferica ci accompagna verso un pranzo a base di pesce a Oualidia, dove i pescatori locali sottraggono all’oceano ogni prelibatezza ittica possibile, crostacei inclusi.
Il nostro obiettivo per la serata è raggiungere Essaouira entro un orario ragionevole, per riuscire a girare nella sua medina, piena di colori, artigiani e odori di pietanze locali.
Passiamo Safi, che con le sue industrie inquinanti contribuisce all’aumento delle contraddizioni di questo paese, da un lato magnifico e incontaminato, dall’altro ben lontano dagli standard ambientali a cui siamo abituati in Europa; ma la sensazione dura molto poco, giusto una decina di minuti, molto meno di quanto rimangono in testa molte domande e perplessità, dettate dalla vista di una magnifica natura potente, spaccata da un’industrializzazione selvaggia.
La strada prosegue lungo la costa e si alza sui promontori verso Essaouira, dove ci imbattiamo in un’inusuale e fitta nebbia, che rende il paesaggio atlantico surreale ed al tempo stesso affascinante. Questo, prima che il lungomare della città ci accolga a tardo pomeriggio, permettendoci di assaporare le sue viuzze antiche centrali, all’interno delle mura della città antica. Un’ottima cena a base di pesce sancisce la fine della prima giornata.
Essaouira – Guelmim
Il sole sorge e siamo già in sella alle nostre moto, mentre la mattina ci regala un passaggio lungo la strada costiera che dalla città si dirige verso sud, passando poi all’interno attraverso una strada sterrata con 2 gradi di temperatura atmosferica, che durano comunque troppo poco per raffreddarci. Qui il clima è tendenzialmente secco, e non corrisponde affatto ai nostri 2 gradi italiani che sono in genere molto più umidi.
La parte più impegnativa del viaggio si avvicina, con strade che si arrampicano attraverso Smimou ed Imsouane; chi di noi monta gomme stradali si diverte ad ondeggiare tra le curve come se fossero passi alpini. Asfalto perfetto, molto abrasivo, curve che sembrano disegnate da Tilke, ed il divertimento è assicurato.
Lungo la strada sostiamo in una delle tante torrefazioni che producono il famoso olio di Argan, dove donne dal viso rugoso e vissuto macinano sapientemente i semi di Argan per ricavarne un olio denso profumato, occasione questa per fare qualche acquisto. Nel ripartire dalla sosta, al nostro compagno Alessandro accade che la batteria della moto non faccia più il suo dovere. Fortuna che il mio omonimo Riccardo ne ha una di riserva, cosi da ripartire senza intoppi dopo una manciata di minuti.
Passiamo attraverso la caotica Agadir, per poi pranzare lungo la strada in uno dei tanti chioschi locali con spiedini, riso e verdure, prima di dirigerci verso Mirleft e la spiaggia di Legzira, famosa per i suoi archi a forma di zampe d’elefante. Difficile per noi non approfittare di un’escursione sul dromedario, per evitare di camminare sulla spiaggia con gli stivali da moto! La volta degli archi, nella sua parte bassa, risplende di luce come se fosse il cielo stellato, deduco che è ricca di minerali. È rossa, e l’oceano risuona forte tra gli archi scavati nella terra.
Guelmim ci accoglie con il primo buio della notte, in un Hotel che sembra una cattedrale nel deserto, spazioso, tutto nuovo, circondato da un silenzio incredibilmente riposante.
Guelmim – El Aaiùn
Ufficialmente Tan-Tan è considerata la porta del deserto, due statue di cammelli alti 5 metri formalizzano l’entrata in quello che dopo sarebbe chiamato Sahara Occidentale, ma che non va mai chiamato cosi davanti ai marocchini. Per loro è meglio chiamarlo Marocco del sud, per evidenti questioni d’indipendenza.
Partiamo la mattina alle prime luci dell’alba, ed una strada “tangenziale” che circonda Guelmim ci mostra la città nella sua interezza. I colori di base iniziano a delinearsi sulla scala del marrone, tavolozza che ci accompagnerà per i giorni a venire.
La strada verso Tan-Tan è rettilinea e soggetta a cambiamenti di temperatura improvvisi, da 8 a 18 gradi nel giro di 2 km, ed il primo check-point ci accoglie poco prima di un distributore di benzina. Da qui in poi, occorre viaggiare in gruppo, per velocizzare i passaggi e tenere d’occhio il carburante, contando di avere sempre per precauzione, almeno metà serbatoio pieno.
L’itinerario verso Tarfaya circonda il parco nazionale di Khenifiss, dove alcune lingue di sabbia formano strani paesaggi a bordo strada, e la costa alta si spacca lasciando il percorso al livello del mare.
La strada prosegue, fino ad un punto della costa dove si apre letteralmente un buco nella scogliera, scavato dal mare, e ne approfittiamo per fare la pausa pranzo col rumore dell’oceano che si infrange sulla scogliera sottostante, a circa 30 metri sotto. È un paesaggio suggestivo, dove il tempo sembra essersi fermato, e gli spazi si misurano in chilometri a vista d’occhio.
Fino a qualche anno fa, un traghetto collegava Tarfaya alle Canarie, purtroppo ora si trova spiaggiato a poche centinaia di metri dalla costa, causa mareggiata e guasto al motore; ormai è diventato una specie di simbolo, della potenza della natura sull’uomo, e motivo di sosta per coloro che si trovano a passare di qui.
El Aayùn ci accoglie all’imbrunire, con una pulizia ed urbanizzazione che non ci si aspetterebbe da un avamposto in pieno deserto. Poco prima di raggiungerla ne approfittiamo per divertirci sulle dune lungo la strada, giocando come bambini sulla sabbia, appoggiando le moto sul soffice terreno praticamente ad ogni salita.
El Aaiùn – Dakhla
Le partenze di prima mattina oramai sono una costante, occorre macinare km a mente fresca, e lasciarsi il tempo per eventuali imprevisti o soste di riposo. I km che portano da El Aaiùn a Dakhla scorrono spensierati, lungo la lingua d’asfalto nero che scorre in mezzo alla sabbia chiara, tutta dritta, intervallata da qualche check-point in cui i militari sembrano più incuriositi dalle moto e dal viaggio che facciamo, piuttosto che interessati alle fiches de passage.
Il caldo inizia a farsi sentire, viaggiamo sui 22-24 gradi a metà giornata, con l’aria secca che asciuga qualsiasi cosa. Occorre fare attenzione alla disidratazione, meglio bere forzosamente anche se non si avverte lo stimolo della sete, altrimenti si potrebbe andare incontro a spiacevoli problemi.
L’unico distributore presente lungo la strada sancisce la nostra pausa pranzo e qualche minuto di riposo, prima di arrivare alla spianata di Dakhla, verso metà pomeriggio, che si presenta come un miraggio dietro ad alcune curve. Dopo aver guidato per km e km di deserto, girando un promontorio si apre una lingua di sabbia che incontra l’oceano, con un vento costante, parco giochi di kitesurfer e sport di vento. Sembra un paradiso, disseminato di resort discreti e dai modi occidentali, con un senso di pace e relax, scandito da alba e tramonto, uniche metriche di misura del tempo che scorre.
Ci perdiamo giocosamente sopra un fondale lasciato asciutto dalla marea, divertendoci con la sabbia come bambini, al tramonto, addentrandoci per centinaia di metri con le nostre moto. Successivamente ci godremo la calda serata in piscina sul tetto dell’hotel, momento di meritato riposo.
Il giorno dopo sarà la volta della Mauritania, con la sua frontiera e la terra di nessuno nel mezzo, mitizzata su tutti i racconti presenti online e sui libri di avventura; non vediamo l’ora di scoprirla.
Riccardo Fanni