Intervista a Mirco Bettini, pilota dakariano che ha corso in diverse competizioni africane

Riccardo Fanni

Intervista a Mirco Bettini, pilota dakariano che ha corso in diverse competizioni africane, scopriamo insieme a lui i retroscena delle gare nel deserto

Ogni centauro almeno una volta nella vita ha sognato di partecipare a qualche gara motociclistica nel deserto, leggendo qualche racconto della mitica Parigi-Dakar sui magazine di settore o sul giornale. Tra tutti noi che lo abbiamo desiderato, poche persone hanno provato realmente l’emozione  di gareggiare in una di queste competizioni, ed una di queste è Mirco Bettini, classe 1963, di Verrucchio in prov. di Rimini, che vanta un curriculum agonistico di tutto rispetto. Ho avuto il piacere di intervistarlo per voi e, approfondendo il suo percorso, mi ha raccontato diversi aneddoti e ricordi interessanti, che ci svelano gli scenari del “dietro le quinte” su queste fantastiche gare.

D: Mirco, raccontaci un po’ di te e dove hai gareggiato.

R: Ho avuto la mia prima moto a 13 anni e non era altro che un “accrocco” sempre nei guai, che però mi ha dato l’opportunità di fare le prime esperienze sulle piste da cross nei mitici anni ‘80. Tanta passione e zero soldi. Dopo il diploma sono arrivati i primi soldi, le prime moto vere, le gare e l’incontro con Miria Amadori (anch’essa campionessa, ndr.) con cui ho costruito tutti i progetti di una vita. Gare, avventure e viaggi. Enduro e Motorally erano i miei allenamenti per poi passare al Rally di Sardegna, al Transitalia Marathon all’Italian Baja sognando la Dakar. Il Capodanno del 2000 feci il primo viaggio in Libia e quello fu l’inizio delle prime collaborazioni con diversi Tour Operator per l’organizzazione di viaggi avventura in moto. Da quel momento in poi, numerose sono state le partecipazioni a varie gare internazionali. Nel 2002 è arrivata la partecipazione al Rally dei Faraoni in Egitto con Ktm 400 Montebelli a cui sono seguite tre partecipazioni all’Erzberg Rodeo con Ktm 450 e Ktm 950 SE. Quattro le edizioni del Tuareg Rallye in Marocco, sempre al traguardo sul podio e l’edizione 2018 con vittoria assoluta in sella a Ktm 500 Rally Boano. Nel 2019 alla Gibraltarrace sono arrivato quarto assoluto con CRF 1000 Africa Twin Rally. Ad oggi ho all’attivo oltre 60 spedizioni nei deserti africani di Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Mauritania a cui va aggiunto l’Oman. Caponord, Patagonia e Terra del Fuoco; Italia-Dakar, spedizioni per Maxienduro organizzate e gestite in diverse edizioni tramite Azzurrorosa Team. In ogni fase della mia vita c’è sempre stata una moto, un progetto di viaggio, di competizione da condividere con la famiglia e con il lavoro.

D: Complimenti! Cosa ti affascina maggiormente delle corse?

Tecnicamente la velocità è l’elemento più importante che permette di esplorarsi nell’intimo, provando e gestendo sensazioni uniche.

D: Qual è la corsa che porti maggiormente nel cuore?

Il Tuareg Rallye che mi ha riportato a tarda età nelle competizioni internazionali, ritrovando lo spirito delle prime Dakar che avevo vissuto solo nei racconti degli amici che vi hanno partecipato, sensazioni che ho provato personalmente in una delle ultime edizioni del Rally Dei Faraoni nel 2002.

D: Quando ti sei trovato in difficoltà e hai pensato “da qui non ne esco più”?

Onestamente devo dire mai, anche se sembrerebbe un po’ presuntuoso. Ma ho imparato che ad una difficoltà c’è sempre una soluzione, indipendentemente che se ne esca da vincitore o da sconfitto.

D: Cosa ti ha stupito maggiormente in modo positivo tra tutta la tua esperienza?

La condivisione. Si corre da soli ma ci si confronta con gli altri; si condividono esperienze e situazioni uniche e impensabili e nel momento del bisogno ci si trova più compagni di avventura che rivali.

D: Cosa provi prima e durante una gara? Paura? Adrenalina? Impazienza di partire?

Ogni partenza è una liberazione di mesi di lavoro e preparativi, condivisi con tutti gli impegni di lavoro e famigliari, nei giorni di gara tutto svanisce, il tempo si ferma e la concentrazione è solo sulla gara; giorno e notte.

D: Ti affezioni alle tue moto? Si crea un legame intimo come succede, per esempio, a Valentino Rossi?

Si certo. Ogni moto è un pezzo di vita, sarebbe stato bello tenerle tutte ma ci sarebbe voluto un hangar. Poche siamo riusciti a tenerle (siamo perché anche Miria ha avuto una storia motociclistica importante) e fra queste c’è la TM 125 del 1995 con cui ha vinto un campionato Italiano Motorally e mi ha permesso di arrivare secondo al Campionato Italiano Raid Marathon nel 96. Poi una delle due ktm 400 2002 preparate da Montebelli con cui Miria ha vinto il Rally dei Faraoni nella categoria femminile e terza nella 400. Seguono la KTM 500 rally Boano con cui ho vinto il Tuareg Rallye nel 2018; la BMW 1150 del ‘99 che è stata in Patagonia e a Dakar; la crf 1000 Africa Twin Rally con cui ho partecipato alla GibraltarRace 2019 al rientro da uno stop forzato di un anno.

D: Tra tutti i posti che hai visitato, ce n’è uno che porti maggiormente nel cuore? Perché? Ed un posto che vorresti visitare e non hai ancora fatto?

I deserti della Libia hanno un posto privilegiato nel mio cuore anche perché penso sia difficile che li possa rivedere in futuro. Da vedere c’è ancora un mondo intero e non mi pongo obiettivi se non quello di ripartire prima possibile.

D: Hai un pilota a cui ti sei mai ispirato?

Diciamo che ho avuto la fortuna di conoscere grandi piloti con cui ho condiviso bellissime esperienze e se devo fare dei nomi c’è Massimo Montebelli che ha preparato anche diverse mie moto; l’indomabile Gianluca Tassi e l’indimenticabile Fabrizio Meoni. Di tutti e tre porto nel cuore dei bellissimi ricordi.

D: Qual era il tuo personaggio dei fumetti preferito?

Topolino

D: Come pensi che possa cambiare il mondo delle corse off-road dopo l’emergenza Covid-19?

Il mondo delle corse off-road, soprattutto quelle internazionali, è diventato nel tempo un nuovo modo di fare turismo avventura. Il problema è come l’industria del turismo cambierà e quali saranno le politiche per sostenere questo settore, che allo stato attuale, è quello che più subirà le ripercussioni del blocco forzato. Saranno da ripensare sia i viaggi che le competizioni in moto, ma sono fiducioso e certo che si riuscirà a trovare una soluzione, noi italiani siamo molto bravi nel riprenderci dalle difficoltà e possediamo la dote della resilienza che ci permette di resistere ed affrontare i problemi nel migliore dei modi.

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