Jerez 2020, MotoGP, vince Marc Marquez. No, non vi preoccupate, l'alcool non ha colpe, così come eventuali altre sostanze psicotrope e non si sta parlando di un GP visto in un'altra dimensione. La gara in oggetto è proprio quella che si è corsa domenica a Jerez, primo appuntamento 2020 della MotoGP e che ha visto il primo trionfo in top class per Fabio Quartararo, il secondo posto di Maverick Viñales ed il terzo di Andrea Dovizioso. Ok, pertanto Marquez cosa c'entra?
C'entra perché al di là dell'attribuirgli lo sterile trofeo di vincitore virtuale della gara (dove, tra l'altro, non sarebbe comunque arrivato primo ma, al massimo, secondo), occorre celebrare, oltre ad una pagina meravigliosa di motociclismo sportivo, anche quello che è oggettivamente il pilota più forte al mondo di questa decade.
Non si tratta di essere fan di Marc Marquez, Valentino Rossi, Andrea Dovizioso o di chiunque altro, quanto di esserlo di tutti loro, insieme agli altri che corrono in MotoGP, ai piloti di Moto2, Moto3, Superbike, Supersport, CIV, National, pitbike, minimoto ed anche di chi gareggia con i cinquantini alla Monferraglia.
Il giorno dopo a quello in cui lo spagnolo è stato operato e, sulla base dell'esito dell'intervento, sembra possa tornare in sella per il week-end di Brno, cioè tra una ventina di giorni, saltando quindi il round 2 di Jerez, vale la pena tornare per un attimo a domenica, quando il pilota di Cervera ha scritto una pagina indimenticabile di questo sport che tanto ci appassiona.
I detrattori obietteranno che l'uomo Marc Marquez sia antipatico. Può darsi, il dubbio può essere legittimo, anche se non si sa quanti, tra chi fa questa affermazione, lo conoscano davvero sul piano umano. Ricordiamoci che si sta parlando di un atleta, che va giudicato sul piano delle performance e dei risultati.
Sulla base di questo, ammesso e non concesso che lo spagnolo non sia la persona con cui andare in vacanza, è opportuno pensare al se Michael Schumacher, all'apice della sua carriera, risultava simpatico? E Lewis Hamilton oggi? Qualcuno è però in grado di mettere in dubbio il loro valore?
Ma andiamo avanti. La gara di domenica è oggettivamente definibile da antologia, da parte del numero 93, non nuovo a rimonte incredibili e non l'unico ad averle fatte, come chi ha più memoria storica di me (o si è preso la briga di scartabellare gli annali del Motomondiale) ha già evidenziato.
Qualcuno ha osservato che, dopo la prima uscita di pista ed una volta recuperato posizioni fino ad arrivare dietro a Viñales, pensando in ottica mondiale, Marquez si sarebbe dovuto accontentare. C'è anche chi dice che avrebbe potuto attendere ancora qualche curva o, addirittura, qualche giro.
Tutto corretto. Peccato che questo sia un ragionamento fatto da parte di un qualsiasi frequentatore amatoriale dei circuit, non un pluricampione del mondo, che ha la mente tarata su un unico obiettivo, che è vincere ed il vocabolo "accontentarsi" viene considerato appartenenete ad una lingua morta, o meglio, mai nata.
Possiamo chiamarla trance agonistica, altri si spingono oltre, definendola mancanza di capacità di calcolo (detto ad un 8 volte campione del mondo fa un po' sorridere) o in altre mille modi, ma la realtà dei fatti è che chi non è pilota professionista, per di più a livelli da olimpo mondiale, quella determinata forma mentis non ce l'ha e, per questo, diventa difficile (o presuntuoso) giudicare.
Questo senza considerare che il gas lo pela, per evitare rischi, l'amatore di cui sopra in una giornata a turni dove, non essendoci niente in palio, l'obiettivo unico è evitare di fare (e farsi) danni, non chi fa parte della entry-list del mondiale MotoGP, la massima espressione sportiva su due ruote.
Tutto questo anche perché, a pensarci bene, in certi frangenti anche noi "umani" agiamo in un certo modo. Non è infatti vero che, nel nostro piccolo, ognuno di noi prova a dare il massimo in ciò che fa. Può non essere pericoloso, ma il concetto è esattamente lo stesso che applicano piloti come Marc Marquez. Sì, ma lì si mette in gioco la vita, dirà qualcuno? E credete forse che questo i piloti non lo sappiano?
Si potrà obiettare che lo sappiano ma, nonostante questo, non ne tengano conto. Aspettate… è forse qualcosa di diverso da ciò che fa chi abusa di fumo, alcool o altro, alias il sapere che ciò che si sta facendo mette in pericolo la salute/ vita ma, nonostante questo, lo si fa ugualmente? A loro "discolpa" poi, i piloti stanno lavorando. Chi fuma due pacchetti di sigarette al giorno da unicamente sfogo ad un vizio.
Occorrerebbe dunque un po' di onestà intellettuale nel riconoscere i meriti di un pilota che domenica stava semplicemente facendo un altro sport, al punto da sembrare in sella all'unica MotoGP su una pista dove c'erano diciannove Moto2 a girare con lui, tanta era la facilità con cui saltava i colleghi come se fossero birilli.
Servirebbe poi anche quella stessa onestà intellettuale mista a reale passione per il motociclismo che porta a dispiacersi quando un pilota cade e si fa male, che si chiami Marquez piuttosto che Crutchlow (finito anche lui sotto ai ferri dopo il week-end di Jerez a causa della frattura di un polso), piuttosto che Rossi o chiunque altro, perché a perderne, oltre al malcapitato, siamo anche noi, in termini di spettacolo.
Non esiste poi il gioire per una caduta, tanto più se questa ha conseguenze, ricordando infine che ci potranno stare antipatici gli uomini che stanno dietro al pilota, ma non quest'ultimo, dove il più "scarso" dei quali, darebbe ad essere buoni, una decina di secondi al giro al 99,9% di noi.