"Un anello per domarli, un anello per trovarli, un anello per ghermirli e nel buio incatenarli…". Bisogna scomodare una saga epica come quella di J.R.R. Tolkien per celebrare quanto Jonathan Rea sta facendo in Superbike. Il nordirlandese, con il quarto posto in Gara-1 ad Estoril, si è assicurato il sesto anello, alias il sesto titolo mondiale consecutivo nel campionato delle derivate di serie.
La conquista dell'iride da parte del folletto volante ha fatto passare in secondo piano il risultato della gara, vinta da Toprak Razgatlioglu, con secondo Chaz Davies e terzo Garrett Gerloff. Ininfluente anche il ritiro di Scott Redding, abbandonato al 5° giro dalla sua Panigale V4R. L'inglese della Ducati, principale rivale del pilota del KRT, è stato tra i primi a congratularsi con lui nel parco chiuso, dando prova di grande sportività che fa un gran bene a questo sport.
L'epilogo della stagione sul tracciato portoghese si può dire fosse già scritto, con Rea che aveva bisogno di soli 3 punti in tutto l'arco del week-end di gare, ed è pertanto nato prima, partendo dalla rincorsa alla vetta della classifica nella parte iniziale della stagione, proseguita con l'aggancio ed il sorpasso, proprio nei confronti di Redding, nel GP di Portimao e con il progressivo allungo sul rivale nella continuazione del campionato.
Sei mondiali vinti, 99 vittorie (di cui 84 da quando è in Kawasaki, per una media di 14 a stagione) e 185 podi su 305 gare disputate. Numeri da record che da soli probabilmente non bastano a descrivere la grandezza di un pilota a cui, qualche volta, si è rimproverato di non essere un personaggio che buca lo schermo. Ma Jonathan Andrea Rea from Ballymena è un pilota, non un divo della tv e fa ciò che gli riesce meglio, correre (e vincere).
I primati sono fatti per essere battuti e forse un giorno i record del 33enne nordirlandese cadranno. Resta in fatto che, al momento, ha staccato tutte le altre leggende della Superbike, per vittorie, piazzamenti e titoli mondiali ed i nomi non sono propriamente quelli del torneo del quartiere, visto che si parla di leggende del calibro di Carl Fogarty, Troy Bayliss e Fred Merkel.
Si celebra l'uomo, ma è giusto celebrare allo stesso modo una squadra, quella che ha permesso di mettere insieme un filotto che, per i il motosport a due ruote, obbliga a tornare indietro alla metà degli anni '70 per trovare un omologo, quello di Giacomo Agostini che, nel 1973, vinse il suo sesto titolo consecutivo nel Motomondiale. La squadra si diceva, il Kawasaki Racing Team, struttura spagnola parte dell'universo Provec guidato dai fratelli Roda, diretta emanazione della casa di Akashi per le competizioni e che ha creato un gruppo di persone vincenti come il suo pilota.
La vittoria di quest'anno è stata probabilmente la più sofferta, per loro, da un lato a causa della situazione maturata causa Covid-19 e dall'altro per la forza di Scott Redding e della Ducati Panigale V4R a cui occorre rendere il merito di essere stati avversari tosti, forse meno appariscenti rispetto al 2019, ma probabilmente di maggior sostanza. Alla fine comunque, il mondiale piloti si è ancora una volta tinto di verde ed adesso manca, per il team spagnolo e la casa di Akashi, l'ultima ciliegina sulla torta, il mondiale costruttori, che li vede ancora contrapposti alla rossa di Borgo Panigale.
Senza più la pressione per il mondiale, peraltro sempre gestita con grande intelligenza, è facile pensare che domani (questi gli orari tv delle gare) Rea darà sfogo senza alcun filtro e calcolo alla sua guida, come fece ad esempio in Gara-2 a Losail nel 2016, quando diede spettacolo inseguendo Chaz Davies. Per quel poco che posso aver imparato a conoscere Johnny ed il suo capotecnico Pere Riba, finiti i festeggiamenti, tra qualche ora ricominceranno già a pensare alla giornata di gare di domani, con l'obiettivo di tingere di verde anche il mondiale costruttori.
Questo sarà l'obiettivo a più breve termine per una squadra che ha alzato l'asticella in ogni comparto, dal pilota all'approccio ed al metodo di lavoro. In futuro, il target sarà quello di rinconfermarsi una ennesima volta, in quella che sembra ormai diventata una sfida solo contro sé stessi, anche se la realtà è assai più difficile di quanto sembri, perché gli avversari non stanno mai a guardare.
Ci sarà certamente una nuova ZX-10RR, quanto nuova e quanto evoluta rispetto alla attuale, forse la più dominante della storia della Superbike ancora non ci è dato di saperlo. Lo si scoprirà il 23 novembre, quando Kawasaki svelerà tutte le novità per il 2021 di cui si è parlato in questo articolo e con la quale proverà ad eguagliare i 7 titoli mondiali costruttori consecutivi, conquistati tra il 1998 ed il 2004 da Ducati.
Quello non ancora concluso in Portogallo, terra che quest'anno ha visto vivere, da parte del pilota che sta riscrivendo la storia della Superbike e del suo team, due dei principali momenti della stagione, è soltanto un altro, ennesimo punto di partenza, verso una strada da percorrere. Se questa strada proprio dovesse avere una colonna sonora, non potrebbe essere altro, se non "Johnny B. Goode". A differenza del protagonista della canzone di Chuck Berry, Jonathan Rea forse non sa suonare benissimo la chitarra, ma di certo sa andare in moto e mai come in questo caso vale il tormentone "Go Johnny go go!".
Queste le parole di Rea subito dopo l'arrivo nel parco chiuso:
"Non riesco a descrivere le emozioni del momento, tanto è incredbile quanto mi sta succedendo. Ringrazio tutti, DORNA, che ha reso possibile tutto questo, Kawasaki, il mio team, la mia famiglia e tutti i fan che sono a casa, a cui dedico tutto questo, in un momento difficile come quello odierno".