L'Italia è oggi divisa tra sostenitori e denigratori di Flexman o Fleximan, come è stato soprannominato chi ultimamente ha danneggiato/abbattuto un certo numero di rilevatori di velocità sulle strade. Da un lato c'è chi esalta queste gesta e dall'altro chi ricorda come si tratti in ogni caso di un comportamento che viola la legge. Chi ha ragione? Come quasi sempre accade è difficile dare una risposta secca ed univoca, ma la situazione che si è venuta a creare è uno spunto per ragionare sull'argomento.
La prima considerazione è che simili comportamenti non vadano comunque incoraggiati. La seconda è che nessuno, tra ciclisti, motociclisti, automobilisti, camionisti ed anche pedoni, sia un santo. Nello specifico, la battaglia contro la velocità in Italia è un qualcosa che va avanti da immemore tempo e, a più riprese, sono state introdotte varie misure per arginare i bollenti spiriti di chi ha il piede o il polso destro troppo pesanti. Con la crescita esponenziale del numero di veicoli sulle strade ed il parallelo calo di risorse per l'effettuazione di pattugliamenti e controlli, si sono così diffusi tutti i vari sistemi elettronici di rilevazione/controllo della velocità che ben conosciamo.
Autovelox, VeloOk, Tutor ed altri ancora sono nomi che abbiamo imparato a conoscere alla perfezione e che suscitano sentimenti spesso contrastanti a parecchie persone. Questo anche un po' perché noi italiani siamo sanguigni, creativi e, soprattutto, epidermicamente allergici alle regole, qualunque esse siano. La logica vuole che se c'è una norma stabilita dalle istituzioni, questa venga rispettata.
Quello in cui viviamo però non è un mondo ideale e perfetto, pertanto si ha a che fare anche con regole che non sempre sono assolutamente giuste, ma facciamo ancora un passo indietro, allo shakespeariano dilemma "prevenzione vs. repressione". Il primo dei due concetti sarebbe quello ideale, mentre il secondo è quello che viene applicato nella realtà, forse anche in virtù del fatto che l'italiano medio scende a miti consigli quasi esclusivamente quando viene toccato nel portafogli (e non vale solo per il Codice della Strada).
Però, però… oltre ad indignarsi per una mezza sollevazione popolare nei confronti del fantomatico/fantomatici Flexman ed andare a scomodare concetti importanti quali l'apologia di reato per chi loda certi gesti, occorrerebbe forse ed anche interrogarsi sull'equità delle misure applicate. Chi è senza peccato scagli la prima pietra? Decisamente no, perché non è un j'accuse, sia ben chiaro, ma semplicemente un invito a chi di dovere a rispondere con sé stesso ad un breve questionario.
Poche e semplici domande servirebbero a capire se la direzione presa è quella corretta. Quali domande, direte voi? Beh… si potrebbe partire dal chiedersi se c'è la certezza che tutti i vari limiti imposti in giro per la nostra meravigliosa nazione siano sensati? Questo perché, al vedere rettilinei di chilometri e chilometri di lunghezza con i 50 all'ora fissi, qualche dubbio che certi rilevatori siano piazzati solo per fare cassa viene…
Ci si potrebbe poi domandare perché debbano essere dei tribunali e differenti gradi di giudizio a stabilire che un dato rilevatore di velocità è o non è illegale, come dispositivo in sé o per come/dove è stato installato o, peggio, possa essere per qualsivoglia ragione pericoloso e/o nascosto. Le regole devono essere precise ed univoche e, come gli utenti della strada devono essere edotti su di esse (perché, ricordiamo, la Legge non ammette l'ignoranza), allo stesso modo le istituzioni locali devono essere in grado da subito di stabilire la liceità di tempi e modi di installazione dei rilevatori.
Il terzo quesito potrebbe riguardare l'interrogarsi sulla possibilità che le patenti siano state prima rilasciate e poi rinnovate, nel corso degli anni/lustri/decenni, con un po' troppa leggerezza. Il risultato di questo è il ritrovarsi a dover imporre bassi limiti di velocità anche per contenere i danni di una popolazione guidatrice in discreta percentuale non all'altezza di condurre un mezzo (questo specialmente riferito all quattro ruote). Quindi? Sì, andrebbero tolte un bel po' di patenti, ma non solo a chi scanna come un disperato.
Non saper guidare è infatti un qualcosa che si articola in una miriade di comportamenti, dall'ABC della guida alla non conoscenza del Codice della Strada. Eh ok direte voi, ma se si torna al CdS, si entra in loop. Vero, ma solo in parte perché, anche in questo caso ci possono essere regole eque ed altre che non lo sono. Un esempio? I 30 all'ora in città, su strade non di grande scorrimento ed aperte anche a pedoni, ciclisti e quant'altro, possono essere un limite sensato. I 50 in extraurbano, sul dritto e senza centri abitati nei paraggi, molto meno.
Gli amanti della fisica sanno perfettamente che, per fermare una moto che viaggia a 30 all'ora, servono all'incirca 4,5 metri (la formula è spazio di arresto = v²/2a*c , dove v è la velocità in m/s, a è la decelerazione di 9,8 m/s² e c è il coefficiente di attrito che, su strada asciutta, è di circa 0.8). Se i km/h sono 50, i metri diventano 12, più del doppio quindi, con un delta di 7.5 metri che può fare la differenza nel caso un bambino attraversi incautamente la strada.
Gli spazi di frenata sono ovviamente gli stessi anche fuori dalle città ma, statisticamente, è meno probabile incorrere in situazioni come quella descritta sopra. Nonostante questo però, i limiti vengono posti in ogni caso in modo extra-conservativo e ciò avviene per molte ragioni, come ad esempio in presenza di vie di comunicazione in cattivo stato di conservazione/manutenzione. Da qui scaturisce la quarta domanda dell'ipotetico questionario, vale a dire di chi è la responsabilità del fatto le strade sono disastrate?
E poi arriviamo, finalmente direte voi, a Flexman. Vandalizzare un bene pubblico, oltre a far rischiare pene pesanti a chi commette un atto simile, significa arrecare danno ad ognuno di noi. E' però anche vero che, a quanto si legge a commento di queste azioni, l'operato di questa o di queste persone incarna la volontà di una parte di popolazione, forse sbagliata nei modi, ma comunque che deve far riflettere.
Il malcontento nasce anche dal fatto che i proventi derivanti dall'utilizzo di queste apparecchiature dovrebbero, almeno in parte ed a livello locale, servire a migliorare la viabilità stradale. La realtà dei fatti è invece, come detto, un progressivo degrado delle strade, con esempi davvero poco edificanti sia in contesti extraurbani che in quelli urbani. Da strade provinciali che sembrano tratturi e sono abbandonate a loro stesse solo perché a bassa densità di traffico, a città le cui vie sembrano quelle di Bassora dopo i bombardamenti della guerra in Iraq, aspetti questi particolarmente pericolosi per noi motociclisti, come ad esempio avviene a Roma, più volte luogo di episodi anche tragici.
Come spesso accade, è utile uscire dai confini nazionali per rendersi conto che determinate situazioni sono purtroppo endemiche all'ombra del tricolore. Un esempio? Senza andare a scomodare chissà quale stato esotico ed agli antipodi, basta varcare le Alpi ed andare in Francia. La quasi totalità dei passi che separano le due nazioni vede strade strette e sovente malridotte fino al confine, per poi aprirsi, allargarsi e divenire lisce come un biliardo non appena si è oltre (scrivendo queste righe mi viene in mente il passo della Lombarda, forse il più fulgido esempio di questo stato di cose).
Sì, ma in Francia ci sono i famosi 30 all'ora di limite in molti centri abitati! E' vero, ma lo è altrettanto il fatto che in extraurbano spesso e volentieri i 70 o i 90 all'ora perdurano per km e km senza interruzione, consentendo di riuscire a coprire lunghe distanze in tempi accettabili anche senza prendere le autostrade. Questo in un contesto alpino-collinare esattamente come quello nostrano, perché no, la morfologia del territorio non c'entra, dal momento che è la stessa per i due stati. C'è evidentemente dell'altro…
E' sempre facile scaricare sul singolo le responsabilità (ed i costi) di gestioni, per così dire… poco avvedute e talvolta poco competenti. Servirebbe anche il buonsenso/l'umiltà di mettere in dubbio il proprio operato, di mettersi in gioco ed ammettere almeno la possibilità che ciò che è stato fatto sia migliorabile, un processo di analisi che, a naso, non viene effettuato. Sarebbe bello che Fleximan non fosse mai esistito e con lui, il verificarsi di certe azioni ma, purtroppo ed ancora una volta, viviamo in un mondo reale e non è così.
Partendo dal presupposto iniziale che la ragione non stia mai da una parte sola, la logica vorrebbe che, una volta lanciato il messaggio, questo venisse se non altro considerato senza osservare il tutto dal piedistallo, perché se qualcuno mi dice che sono stupido posso pensare "Sei furbo tu…", se lo affermano in due o tre, posso fare spallucce, ma se sono in dieci a ribadire lo stesso concetto, forse-forse qualche dubbio mi viene…