Superbike Aragon 2017: l’analisi post-gare

Gianluca Salina

Un super-Davies ha piegato Rea in Gara-2 ad Aragon, ma il campione del mondo incrementa il suo vantaggio sugli inseguitori ed aspetta tutti ad Assen, dove ha vinto 11 volte. In crescita Melandri, così come la Yamaha, mentre Sykes sembra un po’ rassegnato allo strapotere del compagno di squadra. In difficoltà gli altri team e le restanti moto, chi per un problema, chi per un altro. Il punto dopo il terzo round del 2017.

Il Motorland Aragon, dove nel week-end si è corso il terzo round del mondiale Superbike 2017, ha restituito la vittoria a Chaz Davies ed alla Ducati, grandi favoriti della vigilia, che però in Gara-1 erano rimasti con un pugno di mosche dopo una condotta di gara che li aveva visti per lungo tempo in testa, lasciando via libera a Rea ed alla Kawasaki numero 1.

Il gallese aveva dominato le due gare dell'anno scorso su un tracciato, quello di Alcaniz che, per ironia della sorte, pur essendo la pista di test e sviluppo del team in verde, si adatta storiacamente di più alla bicilindrica bolognese. La curiosità riguardava, oltre alla sfida tra i due piloti, anche quella tra le due moto che sono finora apparse le più in forma di questo scorcio di campionato, con il pepe aggiunto, nel round inaugurale di Phillip Island, dalla piccola polemica di Davies circa la presunta maggiore velocità di punta della ZX-10RR rispetto alla Panigale R, che aveva trovato Rea assolutamente non d'accordo.

Una manche a testa dunque, con il campione del mondo arrivato ad Aragon con 30 punti di vantaggio sul rivale e che se ne va dall'impianto iberico con 50 punti in più, frutto della vittoria in Gara-1 e dell'essersi "accontentato" di un secondo posto in Gara-2. In realtà, il pilota della Ninja numero 1 ha tirato i remi in barca a un km e mezzo dal traguardo, quando cioè, dopo aver battagliato con Davies per gran parte della corsa, ha tentato l'ultimo assalto cercando di incrociare la traiettoria nell'uscita della S che immette sul lungo rettilineo prima del curvone finale.

La manovra, che intendeva sfruttare quella che sembra una maggiore agilità nel misto della Kawasaki, non è riuscita ed il nordirlandese è finito a 483 millesimi dal gallese volante della Ducati, moto che, in rettilineo, ha dimostrato di non temere né la 4 cilindri di Akashi, nè qualsiasi altra plurifrazionata, italiana, giapponese o tedesca che sia.

rea-aragon2017

E' stato lo stesso Davies, ad affermare, nel corso delle interviste rilasciate nel week-end, che adesso la Panigale R ha una buona velocità sul dritto, sconfessando quanto affermato poco più di un mese fa in Australia. Difficile infatti sostenere il contrario, per una moto costantemente in cima alla classifica delle punte massime, con il culmine raggiunto da Melandri che, con 325,3 km/h in Gara-2, ha segnato il record del week-end, lasciando Rea a 320,5 (stessa velocità di Davies) e Sykes a 317,6.

La 1199 appare definitivamente matura sotto questo aspetto, così come su quello della trazione, punto sul quale invece il capoclassifica della Kawasaki non si è detto soddisfattissimo. L'impressione però, è che quest'ultimo abbia sempre del margine, mentre gli altri piloti no. Se è vero che per capire il vero valore di una moto occorre guardare la seconda guida, appare evidente come, a risultare vincente, è il binomio Rea+ZX-10RR, al momento una spanna sopra a tutti e forse ancora più forte rispetto al 2015, quando vinse 14 manche.

Questo per la compatibilità dello stile di guida del nordirlandese con la moto, che raramente si vede scomposta. Il buon Davies invece, sembra costantemente sul filo del rasoio, condizione nella quale l'errore è sempre dietro l'angolo. Marco Melandri sta crescendo e, in Gara-2, avrebbe potuto essere l'ago della bilancia a favore del compagno di squadra, ma il ravennate è solo alla sua sesta gara in Superbike e si ritrova comunque quarto in classifica ed a 14 punti dal proprio team-mate.

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Quanto a Sykes, Il finale di Gara-2 a Losail del 2016 lo ha probabilmente auto-relegato in modo definitivo al ruolo di scudiero di Rea. Il pilota di Huddersfield può comunque vincere manche su quasi ogni circuito, Donington in primis, ma non ha la solidità e probabilmente la classe e la velocità di Rea, che guarda con comprensibile fiducia al prossimo round, quello di Assen, dove ha già trionato 9 volte.

La teoria vuole che il circuito del Drenthe sia "di casa" per lui come Aragon lo doveva essere per Davies. Anche se i pronostici, pur se ragionati, possono essere sovvertiti, analizzando come il pilota Kawasaki sia più forte, rispetto al passato, su circuiti che non erano i suoi preferiti, è logico attendersi che in Olanda sarà lui, l'uomo da battere, pensando che, su quel tracciato 5 volte con la CBR, che non è forse mai stata la migliore moto del lotto ed ha ottenuto un 4 su 4 da quando è salito sulla Kawasaki.

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A proposito di Assen, occhio a Lowes, che da quelle parti è spesso andato forte. L'inglese della Yamaha è quinto in campionato e guida una R1M in crescita rispetto al passato e che è ormai la terza forza della Superbike. I tecnici della casa di Iwata sembrano aver risolto il problema di eccessivo consumo delle gomme che aveva limitato le performance della moto nel 2016. A riprova della competività della 1000 dei tre diapason ci sono anche le buone prestazioni di Van der Mark, un altro che sul Drenthe, oltre ad essere a casa, ha spesso fatto bene.

Se il campionato sembra, al momento, circoscritto ai quattro piloti che guidano Kawasaki e Ducati, con gli yamahisti che potranno inserirsi nella lotta per il podio delle singole manche, la situazione appare più delicata per le altre marche. La Aprilia sta, ancora una volta, raccogliendo forse meno di quello che meriterebbe un mezzo come la RSV4 che, pur non essendo più ufficiale ha, sulla carta, ancora i numeri per essere competitiva.

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Alla presenza del Team Milwaukee va aggiunta quella dello IodaRacing. Da un lato Laverty e Savadori e dall'altro Mercado, sono certamente in grado di fare cose buone, ma serve supporto dalla casa madre. L'inglese resta comunque ancora al di sotto da quei livelli che lo avevano portato a giocarsi il mondiale con Sykes, mentre l'italiano è reduce da un infortunio (tornerà ad Assen). Il pilota del team di Giampiero Sacchi è invece rientrato proprio ad Aragon, dopo aver saltato i primi due round.

Punto interrogativo anche sul fronte BMW. La casa tedesca appare disinteressata al mondiale delle derivate di serie ed il Team Althea fa ciò che può e lo fa fin troppo bene. Purtroppo per Genesio Bevilacqua ed i suoi, vincere come accadde nel 2011 con Carlos Checa è oggi molto più difficile, senza un adeguato seguito sul piano tecnico. E pensare che in BMW si può dire che abbiano realizzato la S1000RR proprio per il mondiale Superbike. La base resta ottima, ma lo sviluppo è fondamentale.

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Stesso discorso vale per la MV Agusta. La moto più datata del lotto fa fatica. Dopo i tre motori saltati nelle prime quattro manche, a Schiranna devono aver tolto qualche cavallo alla F4 e Leon Camier fa ancora più fatica a reggere il ritmo degli avversari. La nuova moto è ancora lontana dall'arrivare, congelata da una situazione finanziaria che sembrerebbe però andare verso il sereno.

Last but not least, la Honda. Ten Kate è un team di esperienza e, al pari dei ragazzi di Althea, sa come vincere un mondiale perché questo è già avvenuto. Al pacchetto manca, al momento, un adeguato sviluppo complessivo. La moto è acerba ed arrivata tardi, pertanto i parte dei test invernali sono stati svolti sulla vecchia. Servono chilometri, al mezzo ed ai piloti, con un Hayden protagonista, nel 2016 di qualche guizzo, cosa che quest'anno non è ancora avvenuta, mentre Bradl deve rposeguire il suo apprendistato. La MotoGP un'altra cosa, ma la Superbike non è la categoria più facile di questo mondo.

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