Nella giornata in cui Danilo Petrucci e la Ducati Pramac hanno sfiorato la vittoria in MotoGP, nella domenica in cui il solito calcio produceva tanto e tale materiale da intasare le prime venti o trenta pagine di tutti i quotidiani sportivi cartacei, è arrivato un altro titolo per Antonio Cairoli, conquistato al termine della prima manche del GP di Assen, dov'è giunto secondo dietro al compagno-rivale Jeffrey Herlings.
Nove mondiali-nove, per la leggenda vivente del motocross… non uno, che può anche arrivare con un po' di fortuna, da parte di un ragazzo siciliano che ha sempre fatto del basso profilo e del gran lavoro il suo modus operandi. Lui è quello che, dopo il primo alloro MX1 nel 2009 con Yamaha, una volta passato a KTM, ha utilizzato per cinque stagioni una 350 correndo (e vincendo) contro avversari che utilizzavano le 450.
E' anche il solo pilota che al momento può insidiare Stefan Everts nella particolare classifica del più vincente della storia del motocross, con il belga che guarda ancora dall'alto delle dieci corone iridate conquistate, conscio però del fatto che, in questo stesso periodo del prossimo anno il record potrebbe detenerlo in coabitazione con il siciliano volante.
Tony è distanziato di venti podi e diciotto vittorie, dal suo rivale, in una competizione che, in realtà, come sempre avviene tra atleti di epoche diverse, ha poco senso sul piano puramente agonistico. Dato per spacciato dopo l'infortunio del 2015 e quello nella pre-season 2016, il Tonino nazionale ha invece messo ieri il suo secondo sigillo su quattro edizioni del campionato MXGP, portando a nove il computo totale dei mondiali vinti.
Il cross sarà anche uno sport operaio rispetto alla velocità, capace di attirare certamente meno pubblico e sponsor, ma Antonio Cairoli è la motivazione principale (anche se non l'unica) per seguire questa disciplina, di cui in pochi, anche in caso di eventi di questa portata, parlano. Campanilismo sportivo cercasi…