EICMA 2021, la fiera motociclistica più importante al mondo di quest'ultima parte di anno è andata in archivio. A bocce ferme, come talvolta ci piace fare, seduti nel buio dei riflettori ormai spenti, proviamo ad analizzare quello che è stata una edizione che inevitabilmente ha lasciato il segno. Impossibile innanzitutto non considerare la situazione mondiale, condizionata dalla pandemia ancora in corso e dallo shortage di materie prime e quindi componentistica che sta mettendo alla prova i costruttori, per il presente ma anche e probabilmente per i prossimi dodici mesi almeno.
La congiuntura economica ha portato le aziende a operare delle scelte, a volte obbligate, che in altre occasioni sono divenute opportunità di differenziazione. E' stato ad esempio il caso di player di assoluto primo piano a livello globale per quanto riguarda le due ruote. Alla kermesse milanese sono infatti mancati nomi come BMW, Ducati, Harley Davidson, Husqvarna e KTM sul fronte dei produttori e brand come Akrapovic, Alpinestars, Dainese e Nolan/X-Lite su quello degli accessori ed abbigliamento, che hanno preferito differenti canali di comunicazione, alcuni virtuali, alcuni fisici in spazi a loro esclusivi.
Ma l'edizione 2021 di EICMA è stata anche quella delle presenze. "Oggi riapre il futuro" citava uno degli slogan della manifestazione ed è stata una riapertura che ha più il sapore di un battesimo del fuoco, per il nuovo asset del salone, nominato ad inizio Aprile del 2020. Sette mesi più tardi, il CdA presieduto da Pietro Meda e composto dall'a.d. Paolo Magri e dai consiglieri Donatella Suardi, Fabrizio Corsi, Stefano Gianotti e Marco Taschini si ritrovò a dover prendere la sofferta decisione di annullare l'evento causa Covid.
Quello conclusosi pochi giorni fa è stato dunque il primo con loro al timone e, per come erano le premesse, senza voler per forza incensare qualcuno, occorre ringraziare che tutto si sia svolto. Le assenze hanno certamente pesato, ma ci sono state presenze che ne hanno almeno limitato la portata. Senza dimenticare i tradizionali big del comparto, Aprilia, Moto Guzzi, Honda, Kawasaki, MV-Agusta, Piaggio, Suzuki, Triumph e Yamaha, che non hanno rinunciato ad esporre, EICMA 2021 è stato senza dubbio il salone, tra gli altri, di Benelli.
La casa di Pesaro, che per il secondo anno consecutivo vedrà la sua TRK 502 (Prova Benelli TRK 502) in cima alle classifiche nazionali di vendita, è tornata di diritto tra i grandi nomi del motociclismo nazionale e non solo. Il brand marchigiano ha portato alla kermesse milanese una delle moto più attese, la TRK 800, a cui ha affiancato la Leoncino 800 e la 752s (Test Benelli 752S), modelli con cui tenterà l'assalto al segmento delle medie cilindrate.
Un'altra partecipazione "di peso" è stata quella di CFMOTO (CFMoto “debutta” ufficialmente sul mercato italiano), marchio che ha lasciato il segno, in particolare con la 800 MT (realizzata su piattaforma KTM Duke 790), con la 700 CL-X e con la concept SR C21, prima moto supersportiva made in China (ma progettata in Europa) ad arrivare nel Vecchio Continente e, in generale, nel mercato occidentale. Non si può poi lasciare da parte Moto Morini, oggi rinata grazie a capitale proveniente dall'ex-Impero Celeste e che ad EICMA ha portato due apprezzatissimi modelli come la X-Cape (X Cape Moto Morini: La nuova Adventure firmata dalla casa Bolognese) e la Seiemmezzo (Seiemmezzo Moto Morini: Una Nuova Piattaforma Naked).
Questi tre nomi sono soltanto la punta dell'iceberg di un universo di aziende che in terra di Occidente hanno debuttato o comunque fatto una delle loro prime apparizioni in Europa, ma che saranno sempre più presenti. Segno dei tempi? Assolutamente sì. Ricordate le auto giapponesi degli anni '50 e '60? Inizialmente copiarono pedestremente, poi iniziarono a camminare con le proprie gambe.
Stessa cosa si può dire dei costruttori di quattro ruote coreani guardando quanta strada hanno fatto dagli anni '90 ad oggi. Adesso è giunto il tempo della Cina. Disponibilità infinita di manodopera e materie prime, unite al know-how che già prima non faceva difetto (ricordatevi che il 100% del silicio che si trova nei vostri smartphone, tablet, PC, smart TV ecc arriva dalle fonderie cinesi o taiwanesi), hanno fatto il resto.
Le collaborazioni con le aziende occidentali stanno portando anche conoscenze sul piano del design ed il quadro è completo. Occhio dunque a bollare questo o quel modello come "sì, ma è cinese", perché i cancelli anche solo di qualche anno fa appartengono al passato. Con elettronica da un lato e la componentistica di pregio (alcune delle moto made in China viste ad EICMA avevano, ad esempio, freni Brembo) dall'altra, oggi i costruttori di quella zona del pianeta sono in grado di produrre mezzi anche esteticamente accattivanti, oltre che funzionali, efficienti e con dotazioni importanti.
Non dimentichiamo che i motori delle BMW F750 GS e F850 GS sono realizzati da Loncin, mentre KTM ha proprio in CFMOTO un partner tecnologico più che consolidato, mentre è recente l'annuncio della collaborazione tra MV-Agusta e Q.J., azienda a cui anche Benelli fa capo. Occorre ricordare che i principali marchi cinesi sono colossi in grado di produrre ogni anno milioni di veicoli destinati al mercato interno, ergo derubricarli a semplici nomi di poco conto è quanto di più sbagliato si possa fare.
I costruttori all'ombra della Grande Muraglia sono oggi in grado di oscurare i brand premium? Non ancora, ma il loro sbarco nel segmento delle medie cilindrate è un segnale importante del fatto che stiano arrivando. Tutto ciò considerando che da quelle parti maxi-moto come la CFMOTO CF1250 J o la Benelli 1200 GT sono già realtà, anche se non disponibili qui da noi.
Per adesso ai produttori occidentali restano dei vantaggi in talune aree (il premio EICMA per la moto più bella è andato alla MV-Agusta Superveloce Ago, così come la Aprilia Tuareg 660 ha lasciato anch'essa il segno, al pari della Honda CBR 1000 RR-R in livrea celebrativa), ma la globalizzazione renderà più vivace e competitivo il mercato delle due ruote.
La transizione in atto verso l'elettrico poi, specie per quanto riguarda la mobilità urbana è destinata ad appiattire ulteriormente il gap. D'altra parte, se i costruttori cinesi non sono stati sottovalutati da quelli occidentali che, anzi ne stanno attentamente monitorando i passi avanti, stringendo ove possibile delle collaborazioni, chi siamo noi per pretendere di vedere più lungo di loro?