Nell’immaginario collettivo del motociclista, la città cinese di Macau e la sua pista sono avvolte dallo stesso alone di torbido mistero ed illegalità da cui era avvolta la Bangkok degli anni ’80. C’è anche chi ha perfino definito questa corsa come una “Corrida nella Las Vegas cinese”.
Non tutti sono d’accordo sul fatto che sia una corsa “mitica”, ed è proprio su questo filone di analisi critica che vorrei si portasse la riflessione.
Alcuni appassionati di motociclismo, su questa scia di pensiero critico, sostengono che questa corsa, definita mitica da altri, non porti nessun valore aggiunto al motociclismo sul piano tecnico, affermando tra l’altro che l’unica nota degna di essere menzionata è la Panigale V4 di Steve Heneghan. Se vogliamo, a ben guardare Macau è un grosso carrozzone, dove le regole sono solo un paravento effimero dietro cui ognuno fa il suo tornaconto.
In un paese civile (non solo europeo), un tracciato simile non avrebbe ragione di esistere, perché la sicurezza ha la sua importanza ed il suo peso, mentre in questa pista, tutto è portato ai limiti, anche la sicurezza, questo per offrire a chi guarda “lo Spettacolo”, quello stesso spettacolo che gioca sul filo della suspense con la vita dei piloti.
Impossibile infatti non ricordare cosa accadde il 18 novembre 2017 a seguito di un incidente accaduto al 6º giro del GP di Macao, dove muore Daniel Hegarty, pilota di una Honda Fireblade SP2 del team Top Gun Racing, già vincitore del Tourist Trophy nella categoria TT Privateers del 2016. Nello stesso giorno, giova ricordare che accadde un incidente che coinvolse quasi tutti i piloti partecipanti al FIA GT World Cup al primo giro della gara. Il pilota Daniel Juncadella, andando a muro alla curva Police, ostruì il passaggio alle altre vetture, facendole sbattere contro la sua.
E’ chiaro che qui dunque, lo strumento remunerativo è la corsa di moto, dove il pilota è equiparabile alla carne da macello alla stessa stregua di un trapezista circense, che davanti agli occhi stupiti e catalizzati del pubblico si cimenta in un pericoloso doppio salto mortale con avvitamento senza la rete di protezione sotto.
Gli organizzatori sanno quello che vuole il pubblico, sanno che il proibito fa audience e l’audience vince, è lei la vera vincitrice della gara, non di certo il pilota che si aggiudica il primo posto. La gara da 12 giri che si disputa sabato alle 9:00 AM, con qualifiche il venerdì alle 7:30 AM, si snoda sui 6 Km di un tracciato chiuso tra Armco Crash Barriers gialle e nere, ostacoli, muretti e reti di ogni tipo con piloti che correranno con velocità che vanno dai 150 ai 280 Km/h su moto da oltre 220 cavalli.
Questa visibilità morbosa, che permette al pubblico di stare incollati allo schermo attraverso l’appeal legato alla sua insicurezza, ed alla possibilità per i piloti di non sbattere contro le barriere e non viceversa, uscendone integri cosi come si è partiti, è lo stesso che alimenta il circuito del tornaconto personale clandestino, dove c’è gente che per sbarcare il lunario è pronta a scommettere sprezzante sulla vita altrui alimentando cosi la malavita locale e i giri di scommesse clandestine.
Alla luce di tutto ciò, notizia di quest’anno sta nel fatto che nessun pilota italiano sarà presente alla partenza di questa “mitica“ corsa nell’orientale Macau. Nessun nostro connazionale ha accettato la sfida.
L'appuntamento è per il 17 Novembre 2018
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