Viaggiare da solo per me ha una valenza quasi terapeutica, mi aiuta ad avere maggiore controllo sulla mia vita e sulle mie azioni. Mi permette di distaccare i pensieri dalla realtà quotidiana, seguendo i miei ritmi senza dovermi adattare a quelli di qualcun altro, e mi permette inoltre di conoscere nuove persone e scegliere cosa fare senza dipendere dal gruppo.
Questo è il mio viaggio nei paesi baltici, e qui puoi leggere la tappa precedente
Un viaggio in solitaria tra l’altro stimola anche la riflessione e aiuta nella scoperta di sé. “L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi” diceva Proust.
Durante questo viaggio ho avuto modo di scoprire delle culture, dei modi di vivere e di essere, che mi hanno affascinato in quanto totalmente differenti dal nostro vivere quotidiano.
Siamo abituati, in Italia, ad avere città strutturate con una logica urbanistica secondo cui la parte residenziale, si mischia a quartieri più popolari con un’intersezione piuttosto omogenea. Abbiamo poi la parte più antica e storica nel cuore della città, generalmente economicamente molto costosa, di nicchia e di pregio.
Viaggiando invece attraverso questi paesi, che hanno avuto un loro sviluppo economico, sociale e culturale durante il periodo sovietico, si può osservare la totale diversità rispetto ai nostri schemi urbanistici.
Guidando attraverso una macchia verde, sia essa una collina o una sperduta foresta, si giunge gradualmente al centro abitato, formato da selve di palazzoni tutti identici, costruiti a lato della strada e posizionati geometricamente in modo parallelo o a spina di pesce.
Essi si presentano allo sguardo in una miriade interminabile, cosi come nell’utopia del regime era rappresentata la società socialista ideale. Qui il bene collettivo prevale sul volere del singolo.
Addentrandosi poi dentro alla selva cementificata e superandone la barriera ideale fatta di essenzialità estetica, si disvela di colpo il cuore antico della città, fatto di palazzi esteticamente gradevoli che risalgono al periodo pre-sovietico, costruiti seguendo i dettami di uno stile più classico anziché lo stile razionalista.
Per me, che sono abituato a certi schemi, è strano osservare uomini in giacca e cravatta o una signora anziana ben vestita con la nipotina o anche una famigliola allegra uscire da un grigio palazzone anonimo, di una via anonima, di un quartiere che non è un quartiere ma è un’intera periferia cittadina, comportandosi come se stessero uscendo da uno sfarzoso palazzo, con una tale educazione civica, e circondati da un ordine e una pulizia che da noi sono rare anche nelle migliori zone urbane.
Lo sguardo verso questa realtà è neutro, non giudicante ma semplicemente curioso e volto a capire come un piccolo esploratore curioso, come si estrinseca il quotidiano tra queste persone. E’ lo stesso meccanismo mentale che si era innescato nella mia mente mentre attraversavo il centro del Marocco o della Tunisia.
Culture diverse, lingue sconosciute, abitudini, valori che ci sono estranei, che mi portano alla mente domande come “Cosa pensano quelli che crescono e vivono qui? Che desideri hanno? Che valori hanno?” Vorrei sapere, sapere tutto, ma sicuramente occorrerebbe viverli, questi posti, per potersi dare una minima risposta.
Saaremaa è un’isola che chiude il gigante Golfo di Riga, raggiungibile via terra attraversando tutta la Lettonia verso Nord, ed entrando in Estonia. C’è un piccolo battello da prendere, con circa trenta minuti di attraversata, da pagare attraverso una specie di casello autostradale. In pratica, la strada finisce, si paga allo sportello, e le corsie sono già organizzate per l’imbarco, che avviene in meno di cinque minuti, in modo speculare alla discesa.
Salgo sopra il traghetto e mi godo lo spettacolo dall’alto. Decine di pale eoliche si stagliano all’orizzonte, il vento è deciso e fresco, ed ogni tanto una nuvola fa capolino a coprire il sole. Sono circa le 14.00, sono abbastanza in anticipo sulla tabella di marcia, e dato che per il giorno dopo è prevista pioggia, decido di anticipare il giro dell’isola al pomeriggio, sfruttando la bella giornata.
Poco prima del confine estone, sulla A1 (la strada principale che va da Nord a Sud), fermandomi presso un parcheggio accanto alla spiaggia per rilassarmi cinque minuti, sono rimasto affascinato da un immenso spiaggione lungo e deserto, fatto di una particolare sabbia fine e bianchissima che poi mi accompagnerà per tutto il viaggio sul Baltico. Se i ricordi non mi tradiscono, la località era nella zona di Salacgrīva. Chiunque passandoci, lo riconoscerebbe, anche solo perché è un parcheggio di fronte ad un bell’autovelox posizionato direttamente sulla strada Statale.
A proposito di strade, rispetto alla Germania, in questa località i limiti di velocità tornano a essere più delle “indicazioni” o dei “suggerimenti”, almeno giudicando da come vengono rispettati dalle persone del posto. Io cerco di adeguarmi, sul limite di velocità a 90km cerco di mantenermi al massimo a 100/105 di tachimetro, anche se qualche volta lo supero, complice un po’ di distrazione ed un po’ di varietà nella guida. Autovelox piazzati a tradimento come da noi, spero non mi arrivi nessuna multa a casa.
Sbarco dal traghetto e mi addentro all’interno dell’isola, noto con stupore che è veramente poco abitata, ogni tanto qualche casetta tipica dal tetto a punta sorge in mezzo all’erba, circondata a qualche centinaio di metri, da fitte foreste. Di tanto in tanto, la strada costeggia la costa, e qui il vento soffia deciso senza accenno di salsedine nell’aria. La natura è padrona, si sente, si percepisce a pelle, il profumo della natura si impadronisce dei sensi.
Giro l’isola seguendo strade a caso, usando il navigatore come mappa, cercando di tenermi in prossimità della costa, che essendo di dimensioni esigue, scongiura la paura di perdermi a favore del piacere della scoperta, permettendomi di viaggiare in modo libero e non programmato.
Arrivo infine a Kuressaare, la cittadina principale, dove ho prenotato un appartamento leggermente fuori dal paese, in mezzo alla radura. Ma prima di entrare, preferisco fare un giro verso il centro, e trovo un pub dove gustarmi rilassato una bella birra e qualche stuzzichino del posto, sulla piazza principale, il tutto con pochissimi euro.
L’attrazione principale è il castello, una fortificazione medioevale rimasta pressoché intatta sia all’esterno sia nell’arredamento interno, risalente al tredicesimo secolo, e che ora ospita un museo. La struttura quadrangolare dona un senso di maestosità, e decido di visitarlo il giorno dopo, ombrello alla mano, perché il tempo in questa giornata è inclemente. Meglio sempre qualche goccia durante una visita a piedi, come a Riga, piuttosto che durante una lunga tappa in moto.
La zona di Kuressaare è, come dicevo, molto boscosa, dove la natura è viva, l’erba di un verde intenso, cresce ad ogni angolo delle strade, forte probabilmente delle abbondanti precipitazioni. La costa bassa lascia intravvedere un fondale marino che sembra non essere molto profondo alla vista ma troppo freddo per testarlo con un bagno.
Utilizzo questa giornata per rilassarmi e guardare la tappa del giorno dopo, verso Tallinn.
Non sono molti km, devo ritornare sulla terra ferma attraverso lo stesso battello preso all’andata, alla modica cifra di 6€ e spicci, imposto sul navigatore dei punti che mi permettono di fare quanta più strada costiera possibile. Quindi torno verso Virtus, e seguo per la Statale 230, stradina abbastanza ondulata, che passa accanto al mare, dirigendomi verso l’ex cava di Rummu, ora diventata un luogo dove passare un po’ di tempo, essendo stata riempita da acqua, che crea colori che vanno dall’azzurro al celeste. Passo da queste parti su suggerimento della ragazza che lavorava al bar a Kuressaare, a cui avevo raccontato il mio viaggio.
Prevedo di arrivare a Tallin ad un’ora decente e farmi il pomeriggio in relax sul mare, vicino all’appartamento. Fortunatamente il clima è buono, sole e aria fresca mi accolgono al punto più a Nord del mio viaggio, dove rimarrò per due giorni, avendo tempo di visitare per bene la capitale.
È la città dei castelli, ed in effetti molte parti delle vecchie mura sono perfettamente conservate, è possibile salire e girarle a piedi per alcuni tratti. Una cittadina che, contando la parte più antica centrale, si gira tranquillamente in poche ore, e dove nel punto in alto sulla collina, risiede la cattedrale di Aleksandr Nevskij, e di fronte la sede del Parlamento estone.
Un dedalo di viuzze, tra mura antiche e costruzioni più moderne, con una piazza ampia piena di bancarelle e brulicante di vita. Molto turismo, molti italiani, credo sia la seconda città più visitata dopo Riga, ed in effetti la sua bellezza risiede proprio in questo connubio tra antico e moderno, che si amalgama perfettamente.
Mi lascio tentare da un ristorante gestito da un italiano, piccolo e caratteristico, non la classica trovata turistica, e lui mi racconta della sua storia e di come ha lasciato l’Italia per venire a vivere qui, seguendo la compagna. Dice che le condizioni sono ottime economicamente, ma che il clima è alquanto pensante in inverno, soprattutto per una persona come lui abituata al sole del sud. Ma ormai ha trovato il suo equilibrio e non tornerebbe indietro per nulla al mondo.
Dopo aver passato un giorno intero nella capitale estone, è giunto il momento per me di girare il manubrio ed incominciare a scendere, direzione Kaunas, una città nel mezzo della Lituania. Devo attraversare tutte e tre le Repubbliche, per cui parto di buon mattino, avendo davanti a me circa 600 km di statali.
Ripercorro la E64 fino a Parnu, entro in Lettonia e circonvallo Riga, prima di arrivare in Lituania nel primo pomeriggio. Strada abbastanza noiosa, avendola ripercorsa al contrario su alcune tratte, con nulla di particolare da segnalare, se non che inizia a fare abbastanza caldo, complici i giorni di alta pressione metereologica, che sono sui 25-27 gradi.
Arrivo a destinazione verso le ore 16.00, giusto il tempo per cambiarmi al volo e visitare la lunga strada centrale che taglia a metà la città, fatta di ristoranti, pub e locali, e dove si vede poca gente in giro e soprattutto poco turismo. Mi piace, è rilassante e caratteristica, si trova al centro del paese, all’incrocio tra i fiumi Nemunas e Neris, ed ospita una delle maggiori Università tecniche per numero di studenti nelle Repubbliche baltiche.
Giusto il tempo di una birra e delle costine di maiale con patate in uno dei pub che si trovano dappertutto, ed è tempo di ritirarmi in vista della tappa di domani, altra attraversata di 550km verso Sopot, sulla costa Polacca.