In pista a Misano con Randy Mamola su una Desmosedici Biposto X2

Riccardo Fanni

L’esperienza di un giro in pista a Misano sulla Desmosedici Biposto con Randy Mamola è un’esperienza unica ed indimenticabile. Vi raccontiamo come la X2 ha organizzato questo evento e le mie impressioni da amatore che frequenta le piste con una moto di serie.

Diciamola tutta… far provare la moto al tuo amico è atto di grande generosità. Così, quando Randy mi chiese di fargli provare a Misano la Desmosedici non riuscii a dire di no. Questo il sogno, la realtà è che ho avuto il grande onore e privilegio di sedere dietro la Desmosedici di Randy durante una delle giornate della X2 organizzata a Misano. Ma andiamo con ordine.

Il tutto parte qualche mese prima, quando mi arriva l’opportunità di partecipare al week end romagnolo della MotoGP godendo di tutti i confort di una Vip Hospitality, gentilmente offerta da una nota marca di sigarette elettroniche. Durante il sabato, nel pomeriggio dopo le prove, alcuni di noi saranno sorteggiati per fare un giro insieme a Randy Mamola o Franco Battaini. Ovviamente io e la mia amica Diana non ci lasciamo scappare l’opportunità!

La procedura inizia presto, scarichi di responsabilità – ovviamente, figurati se voli al curvone a 220 Randy e Franky se ne lavano le mani – e briefing coi piloti. Qui la cosa si complica, ci sono persone che quasi non sono mai salite in moto, occorre fare delle banalissime prove fisiche e rientrare in una fascia di peso/altezza imposti dal loro regolamento. Passo senza problemi questo iter e ci indirizzano alla Clinica Mobile della MotoGP dove ci faranno domande sui nostri stili di vita, controllo pressione sanguinea e dell’equilibrio.

 

Passata la fase preparatoria/dei controlli inizia il briefing vero e proprio, prima statico, dove ci spiegano a grandi linee come verrà organizzata la giornata/evento e la scaletta dei partecipanti, e poi dinamico, dove ci forniscono l’abbigliamento e facciamo la prova sulla moto ferma. Saliamo sul Motorhome della X2, dove ci attendono le due moto, ognuna settata per il proprio pilota, e iniziamo la vestizione. Chi è nuovo a tuta da moto e stivali ha sempre bisogno di un aiuto, cosi cerco di fare del mio meglio ed aiutare gli altri, ma l’organizzazione è completa e preferiscono giustamente gestire loro la cosa.

Mi vesto, tuta, stivali e guanti Alpinestar entry level, casco X-Lite 803, il tutto brandizzato X2. La prova dinamica consiste nel sedersi dietro al pilota, nel mio caso Randy, e fare un paio di simulazioni di pieghe per capire la postura e soprattutto cosa non fare, ovvero sporgersi dalla parte opposta della curva.

Le due Desmo. Parlo con Franco, sempre disponibile e gentilissimo, mi spiega che sono preparate per questi eventi, di un paio di stagioni fa, con i controlli elettronici in gran parte disinseriti. L’antiweeling taglierebbe troppo la potenza, con il baricentro alto causato dal passeggero, ed è impostato molto basso. Anche il TC è settato in modalità aperta, è tutto nel polso del pilota. Gomme Michelin della moto GP in mescola dura, scaldate a 110°, freni in carbonio (per questo motivo i primi due giri li faranno da soli).

 

Dice che se si potesse fare un giro senza partenza e stop da fermo gireremmo intorno al 50. Ovviamente il carbonio regna sovrano su queste moto, le stesse pedane del passeggero sono state realizzate in un pezzo unico di questa fibra. Il passeggero si tiene a maniglie ricavate dall’alluminio del serbatoio. Mentre mi preparo mi dico: “bene dai, io giro sul 50 con un 52 di passo col mio cbr1000, non sarà poi una gran differenza”. Nulla di più sbagliato.

Il pomeriggio corre veloce e concluse tutte le formalità ci dirigiamo verso l’inizio del rettilineo di partenza dove i 2 piloti sono già pronti con le termo da togliere. Faranno prima un paio di giri da soli per scaldarsi, poi si fermeranno sul rettilineo.  A turno noi saliremo dietro, uno alla volta, per un giro a testa. Come? Solo un giro penso? Sono stupito, quasi deluso.

 

Parte la mia amica Diana, che aveva il turno prima del mio con Franco, fa il suo giro e scende dalla moto. Inizia ad urlare dalla gioia e dallo spavento, un misto di incredulità e paura.

Salgo io e Randy parte. Leggera impennata, voluta, in prima e dentro 3 marce fino alla prima variante del parco. Già qui si capisce che la bestia è tutt’altra cosa rispetto a moto “normali”. Le marce entrano talmente velocemente che nemmeno ci si accorge della cambiata , tra uno scoppio e l’altro. Nessun spostamento di carico, si sente solo un “pah, pah, pah” in una soluzione unica continuativa di tiro del motore. Come fosse un doppia frizione. Il tutto è molto, molto lontano da qualsiasi cambio elettronico di serie che abbia mai provato, anche dei più moderni, avendo potuto personalmente testare Panigale V2, RSV4RF e R1M tra Cervesina e Franciacorta.

 

Arriviamo alla Rio e qui Randy continua a tenere il gas spalancato in piega a destra. Lo seguo nel movimento, ma lui continua e continua ancora. Mi chiedo come lui pensi di poter frenare a 50 metri dal tornantino a gomito della seconda del Rio, ma lo fa proprio come se fosse normale – e per lui lo è! Oltretutto la staccata avviene ad una velocità nettamente superiore a quella che terrebbe un normale amatore in quel punto.

 

Qui si capisce la vera differenza tra una MotoGP e una di serie. La frenata è micidiale, potente, ma allo stesso tempo sicura e ferma. Semplicemente deceleri senza fatica apparente con una progressione e linearità superiori a quello che una moto di serie ti permette, ed al tempo stesso con una performance maggiore. Parlo di fatica perché io ne sto facendo molta, cercando di restare appollaiato dietro in piccionaia con i miei 186 e 75Kg che di certo non aiutano. Ad ogni frenata mi si alza il sedere dalla sella e rimango attaccato alla moto solo con le maniglie al serbatoio.

Il rettifilo prima della Quercia passa indolore, con il solito “pah, pah, pah” che individua i cambi marcia, altrimenti impercepibili. Arriviamo alla curva e cerco di imparare qualcosa da lui, non ho mai capito bene come farla e ogni volta cambio traiettoria. Ma evidentemente il mio peso si fa sentire e Randy imposta una linea molto tranquilla, andando quasi a cordolo a sinistra e allargando progressivamente verso l’esterno, senza dare troppo gas.

 

Le due del Tramonto arrivano, come sempre a 50 metri dalla curva. Le prendiamo a tutto gas, vietato chiudere. Qui esce dalla curva da dentro il cordolo interno, e quando vedo la linea impostata mi viene un sussulto di paura/panico/terrore perché non mi sarei mai aspettato un passaggio lì sopra, ma io sono solo un banalissimo amatore. Il problema è che ora, conoscendo com’è fatto il circuito di Misano, so che arriverà il curvone, so che si butterà in piega sicuramente sopra i 200 orari, e prevedo che, se mantiene lo stile di guida attuale, ci sarà da ridere – o da piangere.

 

La moto cade dentro la curva, l’agilità di questa Desmosedici è impressionante, si capisce fin da subito che il baricentro sarà almeno a 10/15cm più in basso di una qualsiasi moto di serie, senza parlare delle quote ciclistiche… è un’altra “pasta” questa moto. Esce dal Tramonto con una leggera derapata, lineare, penso controllata da lui piuttosto che dal T.C.

Qui per la prima ed unica volta ho avuto veramente l’istino di mollare tutto, come fosse una sorta di “game over”, come se si potesse fermare la giostra e scendere senza dolore. Ma non posso, nemmeno volendo, e quindi mi irrigidisco un po’ e stringo forte le mani, più che posso. Ed il curvone passa veloce. Come lo ha fatto? Molto lineare direi, con una linea molto pulita ed un’uscita regolare, col gas in mano a metà, senza mai chiuderlo e senza mai aprirlo del tutto. Nel miglior modo possibile, contando la situazione.

 

Passata la paura, passato il mostro psicologico del curvone che sapevo sarebbe arrivato e che aspettavo con ansia, inizio a rilassarmi nella danza tra le curve del Carro e la Misano, accompagno Randy nella guida col busto, forse con un po’ troppa enfasi, ma mi sto divertendo, pochi secondi, 3-4 pieghe che mi resteranno sempre nel cuore, come una di quelle emozioni che non passano, che riemergono di tanto in tanto. Lo stoppie arriva obbligatorio con la ruota posteriore alzata ed io che ancora un po’ decollo da dietro la schiena di Randy, ma probabilmente ha capito e molla la leva un po’ prima che mi ritrovi oltre 10cm dalla sella.

 

Scendo e mi occorrono alcuni secondi per riprendermi dall’adrenalina. Cerco Diana con lo sguardo. Girare dietro un pilota, su una MotoGP preparata, nel circuito che forse tra tutti amo di più, è un’esperienza incredibile ed unica. Ed una fatica fisica immensa, capisco ora perché è previsto solo un giro.

 

Queste moto sono veramente diverse da qualsiasi altra su cui sia mai salito, anche un amatore come me se ne accorge subito, suono degli scarichi a parte, si butta tra le curve con una facilità e velocità impensabile per una moto di serie. I riferimenti si spostano, si apre prima ma soprattutto si frena molto dopo, nonostante il tempo sul giro sia quasi uguale ad un amatore con moto di serie, tutto quello che perde per via del peso e della “bontà” del pilota, lo recupera in staccata ed inserimento.

 

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