Il 2016 è ormai agli sgoccioli e con lui se ne va un altro anno difficile, in cui la crisi si è fatta sentire. Ancora una volta, la moto non è riuscita a scrollarsi di dosso la qualifica di bene di lusso che le è ormai stata affibbiata d'ufficio dal sistema Italia. Questo nonostante le case stiano ampliando le proprie gamme anche verso il basso per catturare nuova utenza con prodotti a prezzi più accessibili rispetto al passato.
Discorso diverso per il motociclista, troppo spesso visto come un limone da spremere, ma anche soggetto da evitare di considerare in frangenti dove, nella peggiore delle ipotesi, c'è la sua vita in ballo e, nelle migliori, il suo portafogli. Un esempio? Le assicurazioni moto.
Con questo argomento inauguriamo una serie di temi da trattare in questo periodo, insieme a guard-rail assassini ed alla sicurezza in generale, ai pedaggi autostradali, passando per le omologazioni e la burocrazia ad esse legata, la tassa di proprietà ed altro ancora, il tutto con l'aiuto di esperti di settore.
Si parlava di assicurazioni, dunque. Dal momento che a Natale si è tutti più buoni, l'intenzione però non è quella di puntare sterilmente il dito verso le compagnie, cosa che sarebbe forse fin troppo facile, ma cercare di fare un po' di critica costruttiva e non la solita polemica che non porta a nulla.
Per arrivare allo scopo citiamo l'esempio francese dove, negli anni '70 ed all'inizio degli anni '80 i motard, vessati dallo Stato e dalle compagnie assicurative,hanno costituito la Mutuelle des Motards. Si tratta di una compagnia assicurativa per va in moto, fondata da motociclisti e con chi sta in sella che è al centro di tutto.
Nata per combattere i cartelli delle realtà esistenti e quindi per praticare prezzi equi, è divenuta in breve tempo leader del mercato delle due ruote ed oggi offre una serie di servizi che contemplano anche settori differenti da quella del mondo motociclistico, come l'auto e la casa.
Non essendo una realtà con fini di lucro, il suo obiettivo è la protezione di chi sta dietro ad un manubrio, alias persone che, fino al 1983, anno di costituzione della Mutuelle des Motards, erano nella stessa condizione di noi biker cresciuti all'ombra del Tricolore Quale? Quella di soggetti poco o nulla considerati dallo Stato ed obbligati a sborsare cifre importanti per avere il proprio mezzo assicurato. Vi ricorda nulla?
Peccato che in Italia quei problemi li si abbia ancora a fine 2016, perché le istituzioni si ricordano della categoria unicamente alla riscossione della tassa di proprietà, altro aspetto sul quale si potrebbero scrivere dei libri, ma non solo. Tra gli sport preferiti c'è anche quello di valutare la moto come indicatore di compliance (perché gli studi di settore non esistono più o meglio, come spesso avviene da queste parti, hanno cambiato nome), in quanto bene di lusso.
Qualcosa però è cambiato, anche se non come ci si attendeva. La svolta promessa dall'abolizione del tagliandino cartaceo non c'è stata. L'obbligatorietà non c'è più unicamente per l'esposizione ma, di fatto, dovendolo comunque avere con sé in forma fisica, non ci sono grandi differenze rispetto al passato.
Chi sperava che la tecnologia mandasse in pensione la carta è stato deluso, come chi contava sull'innovazione per beneficiare di una diminuzione dei prezzi, cosa che per mezzo di una soluzione realmente digitale sarebbe stato possibile.
In una coppia che non funziona, la colpa non è mai di uno solo ed allora il vizietto tipicamente italico di fare combine per intascare i premi assicurativi è un qualcosa a cui si dovrebbe rinunciare. Posta quindi per assodata la malafede dei soliti pochi motociclisti che rovinano la reputazione a molti, è comunque vero che determinate circostanze sono sgamabili da chilometri di distanza.
Viene il dubbio che in alcuni casi si arrivi ugualmente alla liquidazione perché, per assurdo quel tale cliente, oltre alla moto ha anche l'assicurazione auto, quella sulla casa, quella professionale e magari una polizza vita, tutte presso la stessa compagnia. Che vada bene così o meglio, convenga comunque rispetto al perderlo, con i costi che tanto sono riversati sugli altri. Complottismo?
Sarà, ma le cose che non quadrano non si fermano qui. All'ombra del Tricolore vige il dualismo assicurazione-targa e non quello assicurazione-persona che è invece possibile in altri Paesi. Qual'è, la differenza? Semplice. Che se uno possedese due moto, magari una da strada ed una da enduro, per fare un esempio a caso, pagherebbe una sola assicurazione che riguarda il guidatore. Un bel risparmio.
Come dite… che così le assicurazioni guadagnerebbero molto meno… ma siamo sicuri? Quanti, tra i già non molti che hanno più di una moto, assicurano contemporaneamente tutto il loro parco? E quanti, invece (si parla sempre di mezzi non storici), utilizzano magari un anno un mezzo e quello successivo l'altro?
Questo perché oggi una polizza multiveicolo è possibile solo per i mezzi storici, ma con condizioni che non sono comunque al livello della soluzione prospettata. Il punto però non è questo, perché interesserebbe una minoranza dei biker tricolori, mentre invece ciò che serve è un qualcosa che faccia gli interessi del 100% di chi si muove in sella nel Belpaese.
Sarebbe pertanto interessante sensibilizzare, sia l'opinione pubblica che le istituzioni, su questi problemi, anche se occorrerebbe iniziare forse da noi stessi, perché in Francia, quando è stato il momento, hanno battuto i pugni sulle scrivanie e si sono fatti sentire, ma non solo, si sono organizzati con la già citata Mutuelle des Motards.
Non si tratta di fare rivoluzioni, né abbandonarsi ad una qualsivoglia battaglia politica, quanto piuttosto di affermare, con educazione, ma in modo fermo, i diritti di una categoria che, a prescindere da tutto, alimenta comunque l'economia al pari di tutte le altre. Siete d'accordo?
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