Con Gara-1 e Gara-2 ad Assen se n'è andato in soffitta all'incirca il primo terzo di campionato Superbike 2018 che, da alcune stagioni, conta 13 round. L'occasione è buona per tracciare un bilancio del mondiale della top class nelle derivate di serie, anche alla luce delle modifiche regolamentari introdotte ad inizio mondiale per rendere più avvincenti e meno scontate le gare, sostanzialmente dominate, negli ultimi tre anni, da Jonathan Rea e la Kawasaki.
L'obiettivo principe era dunque quello di arginare il duo che ha fatto ban bassa di vittorie e titoli nel recente passato, ma anche interrompere in qualche modo il duopolio Kawasaki-Ducati, facendo inserire nella lotta per la vittoria anche altre case, obiettivo raggiunto solo marginalmente. Questo perché il nordirlandese continua a vincere e davanti a tutti ci sono sempre le ZX-10RR e le Panigale R.
Certo, si potrà obiettare che quella del pilota di Ballynure e della Ninja sia una leadership e non un dominio, ma resta il fatto che, al netto delle penalizzazioni applicate alla verdona, dopo otto manche, in testa alla generale c'è ancora lui. Il suo vantaggio nei confronti di Davies è oggi di 30 punti e, dietro di loro ci sono Melandri (Ducati), Fores (Ducati), vd Mark (Yamaha, unica voce fuori dal coro) e Sykes (Kawasaki).
La casa dei tre diapason in realtà non è una sorpresa, dal momento che già nel 2017 ricopriva stabilmente il ruolo di terza forza della Superbike. L'anno scorso furono 5, i podi nell'intera stagione, quest'anno già 3 in, come si diceva, meno di 1/3 di campionato. La possibilità di vedere, a differenza di Kawasaki e Ducati, invariato il regime massimo di rotazione , unitamente allo sviluppo della moto, hanno permesso alla 4 cilindri di Iwata di avvicinarsi alle rivali, anche se al momento non ancora abbastanza da poter conquistare una vittoria.
Il quadro è poi ulteriormente peggiorato dalla fantomatica classifica dei concession point, con Ducati e Kawasaki che si sono ritrovati, dopo il round di Aragon, con 9 o più punti di vantaggio sulle altre squadre. Il risultato di questo è il temporaneo congelamento dello sviluppo del motore della Panigale R fino a fine anno, mentre l'organizzatore non se l'è sentita di penalizzare ulteriormente la Ninja, dopo l'ormai noto "taglio" di 1100 giri motore al regime massimo.
Per meglio capire lo stato dell'arte delle cose, analizziamo la situazione dopo quattro gare a partire dalla stagione 2015
Stagione | Punti Rea | Punti Davies | Punti Kawasaki | Punti Ducati | Gare | Vittorie Kawasaki | Vittorie Ducati | Vittorie altre case |
2015 | 190 | 123 | 190 | 135 | 8 | 6 | 2 | 0 |
2016 | 181 | 136 | 190 | 146 | 8 | 6 | 2 | 0 |
2017 | 195 | 111 | 195 | 153 | 8 | 7 | 1 | 0 |
2018 | 159 | 129 | 173 | 169 | 8 | 4 | 4 | 0 |
Stante così le cose si ha, da un lato, un innegabile aumento dell'incertezza nella gare, risultato però ottenuto con un regolamento che non è propriamente un inno alla competizione, mentre dall'altro, di fatto, c'è una classifica a fine gara che non è mutata rispetto all'anno scorso. La tabella qui sopra motiva con i numeri questa affermazione.
Nessuna casa, nel campionato 2015 come in quelli a seguire, non ha mai vinto una gara. C'è stato un appiattimento verso il basso delle performance di Kawasaki, a cui ha fatto da contraltare un apparente aumento di competitività di Ducati, anche se non è così. Per la 1199 R vale la minore penalizzazione imposta dal regolamento, ma anche la bicilindrica bolognese ha dovuto rinunciare a qualche centinaio di giri motore.
La sintesi del tutto potrebbe essere "tanto rumore per nulla". L'ordine di classifica è sempre la stesso, con Kawasaki e Ducati davanti e, all'occorrenza, l'inserimento sul podio di Yamaha. Sul fronte piloti stessa cosa, con Rea e Davies a giocarsi il mondiale. Appare sempre più evidente che la ricetta per ridare lustro ed appetibilità alla Superbike non è quella che l'organizzatore sta applicando. Apprendisti stregoni cercasi, perché tra un po' solo una magia potrà essere efficace.