Meno di tre settimane fa, alla vigilia della conferenza stampa straordinaria di Alvaro Bautista, avevo ipotizzato che lo spagnolo si sarebbe ritirato dalla Superbike e che per Toprak Razgatlioglu ci sarebbe potuta essere, tra le varie opzioni, quella dell'andare in Ducati (Superbike: Bautista si ritira? Ipotesi Razgatlioglu per Ducati?).
Mi sbagliavo. Avevo motivato l'affermazione dicendo che i segnali provenienti dall'entourage del pilota turco manifestavano insoddisfazione nei confronti di Yamaha e desiderio di cambiare. Qui invece, non mi sbagliavo. A mettere tutti d'accordo sono arrivati, come un fulmine a ciel sereno (anche se leggerete o avrete già letto di qualcuno che, come al solito e con il senno di poi, dirà che lo sapeva), i comunicati ufficiali dei vari interessati.
Prima quello del campione del mondo 2021 e della casa di Iwata, che annunciavano la fine del loro rapporto al termine della stagione in corso, poi quello di BMW, che ufficializzava, per il 2024, l'arrivo del pilota turco nella squadra dell'elica. Fino a qui la disamina dei fatti, ma cosa ha portato a questo stato di cose?
La "foto" della situazione attuale dice che Razgatlioglu con Yamaha ha vinto un titolo e la R1M, dopo la Panigale V4R, è oggi la miglior moto del lotto, che il turco lascia per salire su quella che, classifica alla mano, delle cinque protagoniste è ultima per risultati, senza podi e senza piazzamenti in top 5 nella parte di stagione fin qui disputata. Quindi?
Partiamo dai pro. Il know-how di BMW non si discute. L'esperienza a livello motoristico è assoluta, con la partecipazione e vittoria dei suoi motori in F1. Le capacità economiche sono anch'esse al di sopra di ogni sospetto, dal momento che si tratta di un gruppo da oltre 130 mila dipendenti e più di 100 miliardi di Euro di fatturato annuo.
Per aver "convinto" Razgatlioglu verrebbe poi da pensare che a Monaco abbiano aver messo sul piatto qualcosa di sostanzioso. Soldi? Anche se gli ingaggi multimilionari non sono la norma, in Superbike, sicuramente a Monaco non saranno stati tirchi ma, oltre ai talleri ci deve per forza essere di mezzo anche della sostanza a livello tecnico.
Qualcosa, a dirla tutta, è già cambiato nell'inverno scorso, sulla M1000RR. La moto infatti si è presentata al via del mondiale 2023 con una velocità di punta decisamente cresciuta, al punto da rivaleggiare in molti casi con Honda e Ducati, universalmente riconosciute come le più rapide del circus, lasciando dietro Kawasaki e Yamaha, cosa che l'anno scorso non avveniva. E' stato quello, l'inizio del new deal per il marchio dell'elica?
Passiamo ai contro che, fondamentalmente, sono uno solo, anche se non da poco, vale a dire la competitività della 4 cilindri bavarese. Ad oggi BMW in Superbike ha ottenuto 12 vittorie, maturate tutte nel primo dei due stint di partecipazione al mondiale delle derivate di serie (2009-2013), mentre nel secondo (2019-oggi) a referto ci sono solo alcuni podi.
E' pur vero, e la storia del motorsport è piena di esempi in tal senso, che non bastano capacità potenziali e know-how per confezionare un progetto vincente. Restando con i piedi per terra dunque, sulla carta le garanzie non sono trascendentali ma, trattandosi di uno scenario in continua evoluzione ed al netto del fatto che non si sappia quali decisioni, a livello aziendale, BMW abbia preso al riguardo, occorre restare possibilisti
In ultimo, il punto secondo me nodale, che non va visto né come a favore, né contro, vale a dire il giudizio di Kenan Sofuoglu. Che piaccia o meno, il Sultano è una istituzione, per il motorsport turco e, ancora una volta che piaccia o meno, le decisioni e l'indirizzo che devono prendere i piloti nati all'ombra della mezzaluna le prende lui.
Questo significa che, al tempo del "divorzio" tra Kawasaki e Razgatlioglu, fu lui a prendere come un reato di lesa maestà la decisione presa del team in verde di non far correre il suo pupillo alla 8 Ore di Suzuka del 2019, lasciando l'incombenza ai soli Rea ed Haslam che poi vinsero, anche se rocambolescamente.
Allo stesso modo, Sofuoglu ha visto come una sorta di oltraggio il non aver coccolato Razgatlioglu, da parte di Yamaha, in occasione del secondo test del turco sulla M1 MotoGP. Non bisogna affrettarsi a giudicare, quanto piuttosto cercare di entrare nel mindset del cinque volte campione del mondo Supersport.
Il sultano di Adapazari è stato abituato ad essere il centro assoluto dei progetti di cui faceva parte e pretende altrettanto, giusto o sbagliato che sia, per i piloti che segue. Il problema è che non sempre questo avviene e, quando la condizione si verifica, il risultato è finora sempre stato una rottura dei rapporti.
Questo aspetto rappresenta una mina vagante, per il futuro di Razgatlioglu in BMW, perché se il lavoro svolto dagli uomini di Monaco non dovesse dare i risultati sperati, ben difficilmente ci potrebbe essere una seconda chance. Ecco perché sul passaggio di Razgatlioglu in BMW ha pesato molto più la longa manus di Sofuoglu che non le ambizioni di realizzazione del 26enne di Alanya.
Lui, da solo azzardo, avrebbe non solo accettato di restare ancora in Yamaha, ma probabilmente avrebbe digerito anche di rimanere in Kawasaki a suo tempo. Nel passaggio da Akashi a Iwata, il titolo del 2021 dimostra che ha avuto ragione il Sultano (anche se ovviamente non si sa quello che Razgatlioglu avrebbe potuto fare in quell'anno con la ZX-10R), mentre per quanto riguarda il trasferimento sportivo in quel di Monaco sarà il tempo a dire la sua.